UN’ARTE – Poesia di Elizabeth Bishop

Era stata allevata dai suoi nonni materni e da una zia. Dal 1970 al 1977, lei ha insegnato all’Università di Harvard, e le sue poesie furono pubblicate in The New Yorker e in altre riviste. Lei era nata a Worcester (Massachusetts, USA), http://www.worcestermass.org/ in un giorno di febbraio del 1911. Dopo la laurea, viaggiò spesso all’estero. Aveva un rapporto molto ambiguo nell’essere donna e poetessa, nascondendo gran parte della sua vita privata. Il suo primo libro di poesie è del 1946. Gran parte del suo lavoro successivo, gravitano sulla dicotomia di una coscienza che galleggia tra New England e Tropici, meditando sul valore dell’arte nella vita umana e sulla necessità dell’esplorazione. Non volle nulla a che fare con qualsiasi cosa che la coinvolgesse nel femminismo.

ELIZABETH BISHOP, poetessa americana ben nota per i suoi versi spiritosi e descrittivi, vinse il Premio Pulitzer per la Poesia nel 1956, il National Book Award nel 1970 e il Premio Internazionale di Neustadt per la Letteratura nel 1976. Fu influenzata dal poeta Marianne Moore, che la aiutò a pubblicare alcuni dei suoi poemi in un’antologia in cui poeti affermati presentavano l’opera di giovani poeti sconosciuti. Il suo stile di scrittura era noto per la sua reticenza sui generi a soggetto personale (usava infatti sempre discrezione quando scriveva dettagli di persone e della propria vita). In una delle sue poesie, un pezzo sulla sua infanzia e sulla madre mentalmente instabile, è scritto come una narrazione di terza persona. Dopo la sua morte, la Elizabeth Bishop House (rifugio di artisti in Great Village, Nova Scotia), https://elizabethbishopns.org/elizabeth-bishop-house/ è stata dedicata alla sua memoria.

UN’ARTEL’arte del perdere non è difficile da padroneggiare; tante cose sembrano piene dell’intenzione di essere perse che la loro perdita non è un disastro. Perdere qualcosa ogni giorno. Accetta il flusso di chiavi della porta perse, l’ora sprecata. L’arte della perdita non è difficile da padroneggiare. Quindi pratica il perdere di più, perdendo più velocemente: luoghi e nomi, e dove si intendeva viaggiare. Niente di ciò porterà un disastro. Ho perso l’orologio di mia madre. E guarda! la mia ultima, o prossimo all’ultimo, di tre case amate. L’arte della perdita non è difficile da padroneggiare. Ho perso due città, belle. E, più vasto, alcuni regni che possedevo, due fiumi, un continente. Mi mancano, ma non è un disastro. Persino perdendo – la voce scherzante, un gesto – amo non poter mentire. È evidente che l’arte del perdere non è troppo difficile da padroneggiare sebbene possa sembrare – scrivilo – come il disastro.

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