CANTI D’AMORE, ACCANTO ALLE SILENZIOSE PORTE DEL CIELO

Credeva nella coesistenza del materiale e dello spirituale. Per lui, gli esseri umani erano spettatori delle loro vite, afferrandone le bellezze momentaneamente, per poi perderle di nuovo. Era nato a Praga, figlio unico di un matrimonio infelice. https://www.amazon.it/Lettere-giovane-poeta-Rainer-Rilke/dp/8890514922/ref=sr_1_2?s=books&ie=UTF8&qid=1485769776&sr=1-2&keywords=lettere+a+un+giovane+poeta Un fatto cruciale nella sua vita, era che la madre lo chiamava Sophia. Lei lo aveva anche costretto ad indossare abiti da ragazza, fino a quando non raggiunse i cinque anni d’età. Era un poeta boemo-austriaco, profondamente immerso nei concetti di incredulità, solitudine ed’incertezza. Si iscrisse alla Charles University di Praga, conoscendo che avrebbe perseguito una carriera letteraria.

Aveva incontrato a Monaco di Baviera l’intellettuale russa Lou Andreas-Salomé (una donna più grande di lui, che lo influenzò profondamente). Considerato uno dei poeti più significativi di lingua tedesca, il suo lavoro più noto resterà “Duino Elegies”. Rainer Maria Rilke https://www.youtube.com/watch?v=LdJMiWTctXs aveva creato il poema come oggetto, per tentare di descrivere con oggetti fisici, in massima chiarezza, il silenzio concentrato della loro realtà. Avrebbe continuato a viaggiare per tutta la sua vita: Italia, Spagna ed ‘Egitto (questi, tra i molti luoghi visitati), ma Parigi (dove aveva iniziato a sviluppare un nuovo stile di poesia lirica, influenzato dalle arti visive), era rimasta il centro della sua vita.

CANTO D’AMORE – Come tratterrò l’anima mia, perché la tua non sfiori? Come la leverò verso altre sfere, dove tu piú non sia? Oh, celarla vorrei presso qualcosa che si smarrisse in buia solitudine, in un angolo ignoto e silenzioso che non vibrasse piú quando rivibrano gli abissi tuoi! Ma tutto ciò che appena ne disfiora, ci prende insieme al pari dell’archetto, che da due corde trae solo una voce. Su qual strumento, ahimè, siamo noi tesi? E chi lo regge e suona? Oh melodia!

SILENZIO – Lo senti, amore? Le mani sollevo, ed è nell’aria. Lo senti? Un fruscío. Entro la solitudine, perviene come un suono ogni gesto, alle cose che origliano mute. Lo senti, amore? Le palpebre inclino, e ti raggiunge un novello fruscío. Lo senti, amore? Ridesto, le schiudo. Oh, perché mai non ti vedo, amor mio? D’ogni piú lieve mio gesto, rimane come un’impronta tenace, che appare nel serico silenzio. Ogni piú labile moto s’incide entro il velario disteso dell’ètere, imperituro. Col mio respiro, in un ritmo, le stelle via per il cielo discendono, salgono. Alle mie labbra l’olezzo dei fiori giunge qual filtro, che immemore bevo. E riconosco tralucer nell’ombra d’angeli ignoti un lontano accennare. Questo, e non altro, sognando ripenso. Piú non mi avveggo, Diletta, di te.

PRODIGHI D’ASTRI, CIELI TRABOCCANTI – Prodighi d’astri, cieli traboccanti, splendono sull’affanno. Tu non piangere tra i cuscini, ma verso l’alto. Qui già dal tuo volto in lacrime, estenuato, ha inizio e si propaga il rapinoso spazio del mondo. Chi, se ti protendi ad esso, chi interrompe la corrente? Nessuno. Se non forse tu, che a un tratto lotti col flusso immenso di quegli astri, incontro a te. Respira il buio della terra, respira e ancora alza lo sguardo! Ancora leggera e senza volto, la profondità posa su te dall’alto. Il volto che la notte contiene in sé disciolto, al tuo dà spazio.

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