JUAN CARLOS CASTAGNINO (1908/1972), PITTORE ARGENTINO – Il pittore sociale delle cose nostre

UN GENIO CREATIVO, DA RISCOPRIRE CON OGNI SGUARDO

JUAN CARLOS CASTAGNINO 1/3 – Venne chiamato “pittore sociale”, perché usava la pittura per denunciare le situazioni di ingiustizia. Fino al 1914, era vissuto dentro un paesaggio rurale pieno di carri e cavalli, dove il padre lavorava come fabbro. Lui era nato a Mar del Plata in un giorno di novembre, in una stanza d’albergo di Avenida Luro. Era entrato nella Facoltà di Scienze dell’Università di Buenos Aires, per seguire i corsi di architettura, preferendo poi studiare presso la Scuola di Belle Arti, nel 1928. Nel 1938, era stato uno degli assistenti del muralista Siqueiros, e l’anno dopo aveva iniziato il suo primo viaggio in Europa, a Parigi. Nel 1942 aveva viaggiato in Italia, Spagna e Francia. Nel 1953 era andato in Cina e Mongolia, acquisendo testimonianze di viaggio in numerosi acquerelli.

JUAN CARLOS CASTAGNINO 2/3 – Nel 1960 aveva viaggiato attraverso Messico ed America centrale, iniziando poi a lavorare in acrilico, preoccupandosi delle problematiche del suo tempo. Si stabilì anche a Roma, per due anni, frequentando le collezioni d’arte. Nel 1969 era stato invitato ad esporre in Russia, Polonia e Germania. Ha realizzato molte mostre personali nelle gallerie dell’Argentina, dipingendo anche i centocinquanta anni della storia Argentina, presso il Museo Nacional de Bellas Artes. Pittore paesaggista notevole, aveva anche coltivato interesse per pittura murale, mosaico e ceramica. Nel suo lavoro trovi linee semplici, che si uniscono per formare figure, uomini forti e donne dagli sguardi indimenticabili.

JUAN CARLOS CASTAGNINO 3/3 – Lui ha sempre ha rappresentato la bellezza del mondo, le cose che passavano nelle cose di ogni giorno (ma anche legati la sua arte alle questioni sociali). La sua pittura si concentra sull’uomo, integrando la figura umana nel paesaggio. Durante il governo peronista, era stato torturato, ma quando lo rilasciarono, invece di andare a casa era andato al giornale “Orientamento”, disegnando le scene di tortura a cui era stato sottoposto. Nella sua fase finale, due parti emersero distintamente nella sua produzione artistica: opere in cui si sviluppa ricerca plastica, ed opere con intento politico. Morì a Buenos Aires, in un giorno di primavera del 1972. In città, fermati qui per visitare il MAR (Museo d’Arte Contemporanea), bello e moderno, è diventato un’icona della città, anche grazie al suo simbolo: un leone marino.

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