LA SPERANZA È L’ULTIMA A MORIRE – Autobiografia di Alexander Dubcek

Una rivoluzione di velluto, dentro una lontana primavera.

Nato nel novembre del 1921 a Uhrovec, divenne il primo segretario del Partito Comunista della Cecoslovacchia nel 1968. Alexander Dubček introdusse riforme liberali che portarono all’invasione sovietica. Ha ricevuto la sua prima educazione in Asia centrale sovietica, dove suo padre si era stabilito. Durante la seconda guerra mondiale, prese parte alla resistenza clandestina all’occupazione nazista e dopo la guerra salì costantemente nei ranghi del Partito Comunista.

Nel 1967 raccolse il sostegno di partiti e riformatori economici. Durante i primi mesi del 1968 la stampa cecoslovacca ottenne una maggiore libertà di espressione e vennero promulgate riforme economiche con un’ampia democratizzazione della vita politica. Temendo le implicazioni della liberalizzazione, gli alleati del Patto di Varsavia invasero il paese e Alexander Dubček fu portato a Mosca. Al suo ritorno a Praga, ai suoi connazionali chiese la riduzione delle riforme.

Nel 1969, Alexander Dubček fu retrocesso dal primo segretario del partito e l’anno dopovenne nominato ambasciatore in Turchia. Espulso dal partito, venne nominato ispettore dell’amministrazione forestale, a Bratislava. Tornò alla ribalta negli affari nazionali, dal 1992 era diventato il leader dei socialdemocratici slovacchi. Nello stesso anno, in un giorno di novembre morì per le ferite riportate in un incidente automobilistico.

Leggendo Hope Dies Last: L’autobiografia di Alexander Dubček https://www.amazon.com/Hope-Dies-Last-Autobiography-Alexander/dp/1568360002, pagina per pagina seguirai anche tu la vita di Alexander Dubček in esilio, fino alla sua rivendicazione durante la Rivoluzione di velluto nel 1989. Conoscerai i suoi tentativi di aiutare a forgiare una nuova relazione tra slovacchi e cechi, in un’Europa centrale giusta e democratica. Questa è la vita e i tempi del leader della primavera di Praga e delle lotte del suo paese con il nazismo, il comunismo e il nazionalismo.

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