MORTE – Poesia di Emily Dickinson

morte1.1Emily Dickinson, la poetessa della vita interiore. Niente, del suo aspetto adulto o della sua abitazione, ha rivelato un’anima così militante. Solo le poesie, scritte tranquillamente in una stanza tutta per sé, spesso cucite a mano in piccoli volumi, poi nascosti in un cassetto, hanno rivelato la sua vera natura. Lei non ha vissuto nel tempo, ma nell’universale, una natura sensibile, per raggiungere coraggiosamente dall’auto rinvio, a un mondo immaginario più ampio. Dickinson morì senza gloria. Soltanto alcune poesie sono state pubblicate nel corso della sua vita. La sua eredità è stata poi salvata dalla sua scrivania, un sorprendente corpo di lavoro, gran parte del quale da allora è apparso in edizioni frammentarie, a volte con le parole alterati dagli editori, secondo la moda del giorno.

morte2.1MORTE – Perché io non riuscivo a smettere per morte, essa ha gentilmente fermato per me. La carrozza ha tenuto, ma solo noi stessi e l’immortalità. Noi lentamente guidammo, essa non aveva fretta, e aveva messo via il mio lavoro e tempo libero anche per la sua civiltà. Abbiamo superato la scuola, dove i bambini lottavano durante la ricreazione, nel ring. Passammo davanti ai campi di grano a guardare, abbiamo superato il sole al tramonto. O meglio, lui ci ha superato. Le rugiade sono cresciute frementi e freddo, solo per essere fili di ragno al mio abito, la mia mantellina solo di tulle. Ci fermammo davanti a una casa che sembrava un rigonfiamento del terreno. Il tetto era a malapena visibile, il cornicione un tumulo. Da allora questi secoli, ciascuno sento più breve del giorno, ho ipotizzato teste di cavalli, sono state verso l’eternità.

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