SCRIVERE, ALL’OMBRA DELLA MORTE – Poeti che raccontano il dolore, tra scetticismo e meschinità

Eppure, torneranno nuove primavere

Come sono stati raccontati, in letteratura, gli elementi ricorrenti nelle realtà che poeti e scrittori stavano vivendo, anche alla luce dell’esplosione della pandemie di peste nera? Esiste un modo di comportarsi degli uomini al cospetto delle paure, che Cecco Angiolieri e Franceschino degli Albizzi hanno vissuto e raccontato, a Siena e Firenze, narrandoci il loro senso della vita e della morte. https://milano.uildm.org/epidemie-nei-secoli-come-poeti-e-scrittori-hanno-raccontato-il-contagio

Per fuggir riprensione” è una poesia di Franceschino degli Albizzi, nato a Firenze nella prima metà del XIV secolo, morì di peste nera a Savona nel 1348. Amico di Francesco Petrarca, fu apprezzato come poeta a fianco di Guittone d’Arezzo e Dante Alighieri.

PER FUGGIR RIPRENSIONEPer fuggir riprensione rifreno il mio talento, volendo anzi contento far l’altrui torto che la mia ragione. Rifreno il mio talento di mirare la dolce donna mia, perché la gente mi ne ripigliava: Ma in verità, per quel ch’a me ne pare, seguir tal signoria alcuna riprensione non meritava; anzi m’imaginava, che, dove io son biasimato, dovessi esser mirato per mia grandezza da tutte persone. Ancor mi meraviglio vie più molto come ogn’uom che la vede debita riverenza non le rende: ma perché l’ignoranza fugge il volto del lume, non ha fede, ne veritate in lei mai non splende: così, chi mi riprende, non dubbio, se occhi avesse, che dei non mi ponesse gran pregio, dove dispregio mi pone. Grazia ad un picciolo uomo è riputata, quando un signor possente gli smonta a casa; e dêne loda avere: se questa bella donna è dichinata a venir nella mente, di ciò mi dee ciascun miglior tenere; chè almen si può vedere per manifesto segno, ch’ella m’ha fatto degno d’esser di tanta e tal donna magione. A simiglianza della gran vertute, la qual, perché si degna d’alzar, bassar non può la sua grandezza, dico che ’l venir nella servitute di donna così degna non è pur libertà ma somma altezza; chè, quand’uom si disprezza sotto degno signore, allor si fa maggiore che s’e’ si stime in più vil soggezione. Fa’ che tu trovi la mia donna sola; e con gran riverenza, ballata, a lei mi raccomanderai: e poi nel cor le metti una parola, e pongliela in credenza, sì ch’e’ miei riprensore no ’l sappian mai: e così le dirai “Madonna, certa siate che nella veritate no ’l cor ma gli occhi han presa correzione”. http://www.francocesatieditore.com/catalogo/rime/.

Nelle sue poesie, trovi un personaggio inquieto che si accanisce contro la sfortuna. Ebbe una vita avventurosa, subì processi e dilapidò il patrimonio che gli aveva lasciato il padre. Nato a Siena attorno al 1260, il poeta e scrittore Francesco Angiolieri vi morì nel 1313. Maledicendo tutto e tutti, con i suoi modi dissacranti esalta il gioco e il vino. Per comprendere il suo modo di pensare, puoi leggere il suo “S’i’ fosse foco“.

SE IO FOSSI FUOCO Se io fossi fuoco, brucerei il mondo; se io fossi vento scatenerei la tempesta su di esso; se io fossi acqua, lo sommergerei. Se io fossi Dio, lo farei sprofondare in un abisso. Se io fossi Papa, allora sì che sarei allegro, poiché metterei nei guai tutti i cristiani. Se io fossi imperatore, sai cosa farei? Taglierei la testa di netto a tutti. Se io fossi morte andrei da mio padre, se io fossi vita mi allontanerei da lui, allo stesso modo mi comporterei con mia madre. Se io fossi Cecco, come sono e sono sempre stato, prenderei per me le donne giovani e avvenenti, e lascerei agli altri quelle vecchie e brutte. http://bepi1949.altervista.org/cecco/s1.html.

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