IO QUI NON MI TROVO – Fernanda Romagnoli, una passione per pianoforte e raccolte di versi

La folle tentazione dell’eterno

RITRATTO – Che vuoi da me, ritratto, ardente viso, pupilla come l’ape del mattino, guancia che sottilmente sulla tempia sfuma in sorriso? Mi torturi invano col tuo splendore. Nulla che si compia rimane intatto: a renderti divino era l’attesa. E questo volto umano che m’affronta ogni sera dallo specchio, ogni sera più nudo, prosciugato sulle crepe dell’anima: io l’accetto. Dunque, perché il tuo palpito mi strazia? Che vuoi da me, ritratto di quand’ero ragazza?

Uno dei temi della sua poesia era il distacco, un’abitudine da assumere per evitare l’ansia del possesso. Nata a Roma nel 1916, Fernanda Romagnoli http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/fernanda-romagnoli/ vi si diplomò in pianoforte al Conservatorio di S. Cecilia. Pubblicò la sua prima raccolta di versi nel 1943. Il matrimonio con un ufficiale di cavalleria la porterà a vivere in diverse città d’Italia. Il suo secondo libro di versi, Berretto rosso, venne dato alle stampe nel 1965. Confiteor, invece, la sua terza raccolta poetica, venne pubblicato otto anni più tardi. Nonostante una epatite avesse danneggiata la sua salute, rientrata a Roma iniziò a collaborare ad alcune riviste. Continuò a scrivere poesie che nel 1980 vennero editate nella raccolta Il tredicesimo invitato. Pubblicò poesie fino ad un passo dalla sua morte, avvenuta a Roma alle porte dell’estate del 1986.

NIENTE – Morte, se vieni per condurmi via, lascia che ombra su ombra io ripercorra la gente. In quest’incrocio di rotte casuali, ci siamo incontrati – fra vivi – così inutilmente. Per migliaia di giorni, ogni giorno: all’andata, al ritorno. Per migliaia di notti, ogni notte: coi ginocchi, coi fiati. Non ci siamo scambiati niente.

Il suo grido ci giunge ancora, limpido e ben percettibile, con una poetica impressa dentro un orizzonte indefinito che lei non conobbe in vita. Tra i poeti moderni, lei è riuscita a cogliere altezze mistiche che dialogavano perfino con lo strazio umano. La maggior parte dei lettori italiani di poesia non conosceva il suo nome. Fernanda Romagnoli http://www.italian-poetry.org/fernanda-romagnoli/, tragica, struggente sublime poetessa, è nata e morta nella stessa città: Roma. Realizzò sei raccolte di versi e collaborò con tre riviste letterarie, una delle quali radiofonica. Ha saputo smuovere le parola, facendone nonsoltanto musica di dissonanze e armonie, ma anche vaste onde di forza espansiva.

IL TREDICESIMO INVITATO – Grazie, ma qui che aspetto? Io qui non mi trovo. Io fra voi sto come il tredicesimo invitato, per cui viene aggiunto un panchetto e mangia nel piatto scompagnato; e fra tutti che parlano, lui ascolta. Fra tante risa cerca di sorridere. Inetto, benché arda, a sostenere quel peso di splendori, si sente grato se qualcuno casualmente lo guarda. Quando in cuore si smarrisce atterrito «Sto per piangere!» e all’improvviso capisce che siede un’ombra al suo posto: che – entrando – lui è rimasto chiuso fuori.

Il suo fu un destino di silenzio; infatti, continua ad essere ignorata dalla maggior parte dei lettori italiani. Eppure, come poeta, lei non merita d’essere un’ombra nella storia della letteratura. Lei individuò nel verseggiare la vocazione ben percepibile nella sua poesia Falsa identità, dove si distacca da un mondo che non le appartiene. Fece parte delle redazioni di alcune riviste del suo tempo, cosa che le permise di conoscere Attilio Bertolucci, il suo maestro, che la introdusse a un più vasto pubblico pubblicandole la sua opera più importante: Il tredicesimo invitato. Con la sua capacità di folgorare il lettore con la sua poesia, Fernanda Romagnoli https://www.centroitalianodipoesia.it/it/fernanda-romagnoli è stata una originalissima voce letteraria del Novecento italiano.

PRIVILEGIO – Io sentivo fischiare i treni per Parigi. L’aereo di Bombay fletteva l’aria, meteora di stridore. Non mi prendeva con sé la funivia, scalavo lo splendore con gli occhi. Io m’incendiavo ad un nome di cupole: Turchia. Io, tra le carcerate nel cortile in fila, ognuna il fiato sulla nuca dell’alba, e perseguite dalle verghe dell’ora, incondiviso solo il feltro del sonno. All’improvviso, un indice puntato alle mie spalle: «È questa. Sia graziata». Simile privilegio, perché io? Svegliata in mezzo alla notte, ancora scalza, un biglietto da viaggio stretto in mano, e mi spingono fuori, allo sbaraglio! «Non è ciò che volevi, per cui piangevi di notte?» m’incalza una voce sottile, una lisca di voce, forse d’anima. Ma è l’alba, laggiù, più verde d’una mela fresca! È sul muro la fitta nevicata del gelsomino, che più trema più odora. Richiamerò il respiro, come Lazzaro. Prenderò su il mio corpo. Verso il chiarore mi metterò in cammino.

Il carattere introverso che trovi nel suo linguaggio lo percepisci anche nei titoli delle sue raccolte poetiche: Il tredicesimo invitato indica qualcuno che non dovrebbe esserci, perché porta sfortuna. In una sua intervista, quando Attilio Bertolucci indicò in Alda Merini e Alda Merini due importanti contributi all’espressività poetica del suo tempo, non dimenticò di parlare di Fernanda Romagnoli https://www.glistatigenerali.com/letteratura/io-qui-non-mi-trovo-la-poesia-di-fernanda-romagnoli/, poetessa che non aveva avutoin vita ciò che si era meritata. Nella poesia di quella donna sfortunata, lui aveva individuata una tensione emotiva inaspettata. La sua, è stata una poesia dell’anima e dell’energia incontenibile dello spirito.

POI – Poi ti raggiungerò là dove – abbandonata la via terrestre, simile a rotaia in disuso – s’incammina lo spirito, esitante, confuso ancora al grido, ancora all’orlo della sua cieca vibrazione umana. Io ti raggiungerò dove tu «Sono qui!» balenerai, che ancora dalla fascia del buio mi districo. «Qui dove» – nell’angoscia di troppa luce, nessuno distinguendo – ti griderò. Ma già saremo Uno.

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