LEI SCRIVEVA IN UN SILENZIO NERVOSO – Elena Shvarts, la donna che ha esplorato i temi della marginalità e dell’autenticità

Ha pubblicato sedici libri di poesia e prosa (più di quattro volumi di opere, raccolte nel corso della sua vita). Elena Shvarts era una figura importante nella Leningrado sotterranea e divenne ampiamente conosciuta e tradotta dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Nata a Leningrado, aveva frequentato l’Università di Tartu, dove le sue prime poesie erano state pubblicate nel 1973. Aveva esplorato i temi della marginalità e dell’autenticità. Lei non utilizzava oscenità, ed i temi politici quasi mai vi erano riflessi: “Temo che la nostra Luna sovietica vorrebbe separarsi da noi, diventando appassionata di altri, allora il nostro Paese si ridurrà ancora di più debole“. https://www.amazon.com/Paradise-Selected-Poems-Elena-Shvarts/dp/1852242493

STAVO PENSANDOStavo pensando: Dio mi ha abbandonato. Allora, che cosa di esso è un raggio di luce che ha prezzo, o un ago sottile nel pagliaio dell’uomo. E crudele. Ho mi sono allontanata da lui, non più mi tormenta. Ma chi di noi è più crudele? Altro da temere? Quello che non ha corpo, naturalmente. Lui ci ha fatto senza fine, vasti, in modo che il nostro dolore non conoscerà limiti.

UN GIORNO GRIGIOHo parlato in fretta, in un silenzio nervoso, perché il tempo è stato breve, il fulmine fremeva, rallentando, in movimento. O era il mio sangue, la quiete diminuzione della vita quotidiana? E’ il momento per me di andare avanti nel nostro piccolo seme di senape. Nella casa del Padre mio, tutto sta svanendo, nella casa del Padre, tutti gli angeli piangono, perché l’angoscia di uno stanco, esausto cavallo, a volte trova la sua strada anche per loro. Un giorno grigio, mi era vivo su questa terra, e tra la nebbia di giorno, in trionfo, lo Spirito può avvicinarsi e guardare, in modo che lo vedrai, senza vedere. E, così, celebro la luce sottile, non maledico il crepuscolo. Se Cristo è venuto a trovarci, sarà in giorni pietosi come questi.

CUORECuore, ho avuto modo di ascoltarti, ma non si può nemmeno avere un assaggio di te, un sacco da box, picchiato dall’interno. Ciò che batte in te, becca, come una specie di pollo astrale, che dolorosamente rompe il guscio dell’uovo, e dice: io non sono morto, sono il tuo doppio? Cosa devo fare del mio problema? Ho paura del mio cuore, ho lavato non con il mio sangue, ma con l’acqua dei giorni; da qui la mia rabbia. Io ti disprezzo, cuore, non perché sei scuro, sei straniero, ma perché sei intelligente, furbo e desolato.

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