DALLA PESTE AL CORONAVIRUS – Viaggio nella memoria di una diversa morte

Quando infieriscono epidemie e si cercano untori

Hai deciso cosa vedere, budget e destinazione, perciò è tempo di costruirete il tuo viaggio, aggiungendo però i luoghi che intendi osservare. Se per creare un itinerario di viaggio su cui far riferimento decidi di viaggiare in Italia, prendi in considerazione cinque luoghi toccati dalle epidemie di peste https://www.ibs.it/grande-pandemia-come-peste-nera-ebook-klaus-bergdolt/e/9791280229014. Dopo essere tornato a casa, ti stupirai non soltanto di come gli esseri umani hanno affrontato orribili pandemie, ma anche di come gli standard comportamentali di uomini e donne, ricchi e poveri conservino memoria del passato, a partire da Venezia a Milano, Firenze, San Geminiano e Siena.

Al cospetto di una paura, esiste un modo standard di essere uomini: si attendono trasformazioni dai contagi provocati da una epidemia. Scrittori e storici hanno classificato esperienze non soltanto sanitarie, ma vere e proprie “piste della memoria” che investono le relazioni tra le persone, nonchè il senso della morte. Una scena di peste, datata 1515, mostra un uomo a sinistra con in mano una torcia che illumina parte della scena a sinistra, i malati a destra. L’autore, Marcantonio Raimondi era italiano https://www.lombardiabeniculturali.it/stampe/autori/6447/, ma la peste non aveva nazionalità.

Lo scrittore italiano Alessandro Manzoni, in due sue opere letterarie ci ha tramandato il ricordo della peste che colpì Milano nel 1630. Quel tipo di malattia colpì gli esseri umani non soltanto nel fisico, ma anche nelle anime dei milanesi che pregavano e cercavano appestatori. Nella loro città, all’angolo tra via Gian Giacomo Mora e corso di Porta Ticinese, in quell’anno venne eretto un monumento a memoria del processo di un untore. Quella infame colonna http://www.silviocastiglioni.com/spettacoli/storia-della-colonna-infame doveva ricordare ai posteri l’appestatore Gian Giacomo Mora. Soltanto nel 1778 venne demolita, ma di quell’evento simbolo d’iniquità continua a ricordarci la riproducibilità dei comportamenti umani nella storia.

Della infame colonna, nelle stampe è raffigurata con una palla posta sulla sommità. Una lapide che descrive gli avvenimenti e le pene inflitte ai colpevoli è oggi conservata nei musei del castello Sforzesco di Milano. https://www.milanocastello.it/. Leggendola, forse anche tu sentirai un brivido sulla tua pelle. Tranquillo, tutti quelli che la leggono pensano la stessa cosa: cambia il tipo di epidemia, ma non il comportamento delle persone.

“Qui dov’è questa piazza, sorgeva un tempo la barbieria di Gian Giacomo Mora, il quale congiurato con Guglielmo Piazza pubblico commissario di sanità e con altri, mentre la peste infieriva più atroce, sparsi qua e là mortiferi unguenti molti trasse a cruda morte. Questi due, adunque, giudicati nemici della patria, il senato comandò che sovra alto carro martoriati prima con rovente tenaglia e tronca la mano destra si frangessero colla ruota, e alla ruota intrecciati dopo sei ore scannati, poscia abbruciati, e perché nulla resti d’uomini così scellerati, confiscati gli averi si gettassero le ceneri nel fiume. A memoria perpetua di tale reato, questa casa officina del delitto il Senato medesimo ordinò spianare, e giammai rialzarsi in futuro, ed erigere una colonna che si appelli infame. Lungi adunque, lungi da qui, buoni cittadini, che voi l’infelice infame suolo non contamini. Il primo d’agosto MDCXXX.”

In questa lista della letteratura epidemiologica nel corso dei secoli, anche Il Decamerone di Giovanni Boccaccio https://www.amazon.it/decameron-Ediz-integrale-Giovanni-Boccaccio/dp/8854181439, può contribuire a delineare uno scenario sociale sovrapponibile a quello odierno. Questa è una raccolta di novelle in lingua italiana, con ambientazione nella Firenze del 1350. Il suo racconto della peste del 1348 è la cornice del suo racconto, ma i dieci giovani che si isolano in campagna ci raccontano storie d’amore e quotidianità. Leggendo questo libro, scoprirai anche tu che questo scrittore evidenzia come quella pandemia spezzo legami familiari e sociali, portando la gente a trascurare tutto e tutti: “li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano“.

Proveniente dall’entroterra bolognese, invece, all’inizio di agosto del 1630 un povero pollaiolo infetto da Yersinia pestis ​entrò sfinito alla porta S. Gallo di Firenze. Anche oggi, se ti domandassi a un fiorentino il significato di quelle due parole parole, proprio come quel pollaiolo forse non saprebbe risponderti. Eppure, nella ricerca di una risposta il suo viso potrebbe alterarsi impercettibilmente, quasi fosse consapevole di un qualcosa che non era stato mai dimenticato: la peste del 1630, identica a quella del 1348.

A San Gimignano, nonostante i blocchi delle strade che isolavano la città, e nonostante le tantissime precauzioni, nel 1630 il contagio colpì comunque. Alle porte del Natale di quell’anno, le guardie trovarono sporcata la serratura di una delle porte cittadine – porta a Querceto – insieme a un cartello con sopra scritto: “La seconda volta appesteremo i chiavistelli. Chi è capace di guardarsi, si guardi dalla cattiva sorte”.

Fra le deliberazioni cittadine di Siena, una datata 27 agosto 1630 stabilì che sopra ogni porta della città si ponesse un un nome di Gesù in pietra in memoria del concittadino San Bernardino. Dopo che avrai visitato Siena, uscendo fuori dalla sua antica cerchia muraria guarda bene le sue porte, perché troverai ancora il monogramma di quel santo protettore.

Il primo lazzaretto della storia, è diventato il Museo Archeologico. Visitandolo https://lazzarettiveneziani.it/it/visita-lisoa, scoprirai che ti offre anche una passeggiata naturalistica che racconta l’ambiente della Laguna di Venezia. Quel luogo di isolamento per portatori di malattie contagiose, era un tipo di ospedale temporaneo che allestito per evitare un’epidemia. Dal 1468, per la prevenzione dei contagi, fu fondata una struttura che ospitava i magazzini dove erano esaminate le merci sospettate di essere infettate dalla peste.

Cento anni dopo, anche gli individui a rischio di contagio erano esaminati, e se appestati venivano trasferiti al Lazzaretto Vecchio. Proprio come allora, quelle esperienze di confinamento sanitario fanno parte delle odierne strutture ospedaliere, con finalità identiche e mezzi estremamente più sofisticati. Le persone allettate e quelle che si affacciano alle finestre, tuttavia, pensano allo stesso modo di quelle racchiuse negli antichi lazzaretti, aspettando nuove primavere.

L’unico scopo di questo sito è quello di diffondere la conoscenza di queste persone creative, consentendo ad altri di apprezzarne le opere. Se vuoi conoscere i nostri viaggi, puoi digitare https://meetingbenches.net/category/viaggi/. Le proprietà intellettuali delle immagini che appaiono in questo blog corrispondono ai loro autori.

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